Internet e le relazioni virtuali: una chat per amico

Le labbra sono come finestre aperte, sopra un panorama incandescente chiamato dialogo. Tante sillabe che possono scaldare l’atmosfera, ferire l’orgoglio, infiammare la passione o carbonizzare storie.
Dopo una pronuncia inconsulta o risposte fuori luogo, parte un conto alla rovescia che non risparmia nessuno; si insidia il danno, una scia di eco urlato da cui non si torna più indietro, poiché una bocca sotto ipnosi è mossa da ingenuità.

Noi umani usiamo la parola per difenderci, per ammaliare, per stupire l’avversario, per fare critiche o conclamare le nostre abilità. Uno schema di comportamento spontaneo, che trova il suo habitat anche nel web. Si tratta della chat – un servizio online che ormai “tutti” conoscono e utilizzano – in cui è possibile inoltrare messaggi di testo, a uno o più individui, in tempo reale e in maniera gratuita. Basta connettersi a Internet, scegliere il profilo di contatto con cui interagire e avviare la chiacchierata. Ideale per coloro che cercano svago, supporto morale e libertà di espressione, in quanto non ha protocolli rigidi, né vincoli da rispettare, ma ci permette di interagire come più gradiamo.

Un punto a favore per chi desidera parlare costantemente con le persone che ama, come gli amici di vecchia data, i figli emigrati in altri paesi e tutti quegli affetti che cercano la loro fortuna altrove.
Così facendo, la mente trova una tregua, il cuore si placa e si finisce per ignorare la reale minaccia, ovvero l’arrivo di una possibile dipendenza o di un crollo emotivo.
Disagi che scattano di colpo, a ciel sereno e procurati forse dalla consapevolezza degli ostacoli da superare.

Ma non è il mezzo a rappresentare un pericolo, bensì lo scopo per cui l’uomo lo sfrutta.
La mancata scissione tra illusione e verità, tra speranza e desolazione. Quell’equilibrio che penzola solo su un lato dell’intera bilancia. Le chat, come Messenger e WhatsApp, nascono con l’intento di abbreviare i tempi di risposta e di accorciare le distanze poste tra una nazione e l’altra.
Svolgono però un ruolo fondamentale se inserite in contesti aziendali – comunemente chiamate live chat o centro di assistenza – composte da un team di esperti, disponibile H24 e pronto per qualsiasi evenienza. Un servizio che aggiunge qualità e incrementa l’aumento stesso della clientela.

Oramai é assodato che la messaggistica sia comoda e non c’è nulla di sbagliato se non il fatto di renderla parte integrante del nostro quotidiano. Talvolta, incancrenisce la vita reale, la distorce fino a dimenticare l’importanza di un rapporto effettivo. La forza dell’empatia si irradia con vigore solo se c’è vicinanza, ma se le persone sono lontane, diviene impotente.

Difatti abusarne, cambia categoricamente la percezione delle cose. Potrebbero sorgere malintesi, rapporti precari o amori platonici, rischiando di regalare fiducia a identità disoneste.
Perché un testo digitale estirpa la sostanza dai gesti, l’emozione dalle parole e la telepatia animica, quel filo invisibile e sottile, posto fra più individui, che unisce un cuore all’altro.

Umberto Galimberti (filosofo, sociologo, psicoanalista e scrittore) nel suo libro La parola ai giovani scrive:

I mezzi informatici sono dei condizionatori del pensiero, non nel senso che ci dicono cosa dobbiamo pensare, ma nel senso che modificano in maniera radicale il nostro modo di pensare, trasformandolo da analogico, strutturato, sequenziale e referenziale, in generico, vago, globale, olistico. Inoltre alterano il nostro modo di fare esperienza avvicinandoci il lontano e allontanandoci il vicino.

Di norma le persone abbracciano il virtuale per tappare il silenzio, per manifestare eroismi o spegnere la voce dell’oblio. Entrano in chat convinti che sia la sola medicina capace di incapsulare l’ansia che trabocca. Una sorta di panacea che guarisce ogni mal di vivere. Gli utenti cadono in schemi confidenziali prematuri dove le energie convogliano verso uno stadio di rilassamento costante, che li mette a loro agio. Non serve assistere a gestualità di disappunto né a mimiche facciali stomachevoli, ma solo percepire e affidarsi alla fantasia.

In questo canale la comunicazione è fulminea. Le inibizioni che sorgono di consuetudine di fronte ad una reale presenza fisica, nel corso di una chat scompaiono. Si antepone la schiettezza alla cautela, l’indiscrezione alla titubanza, scordando di chiedere permesso prima di varcare la soglia.
Alla fine, la percezione sensoriale svanisce e subentra una deduzione logica, l’identikit approssimato del soggetto con cui ci coinvolgiamo.
A posteriori si scopre che i rispettivi vissuti hanno divergenze sostanziali e delle asimmetrie incorreggibili, per le quali è ostico compenetrarsi online.
Serve più concretezza e tangibilità, binari che viaggiano in senso opposto alla simulazione digitale.

Oggi, alle persone, mancano proprio i rapporti sinceri, generosi e senza patteggiamenti. Mancano i legami di sangue, poiché in certe famiglie c’è tensione e disarmonia.
Da qui scattano nella psiche meccanismi di rifiuto verso la realtà che si respira.
Spesso incompatibile con ciò che la mente immaginava. Per questo motivo affacciarsi verso qualcosa di surreale e distante dalla normalità, può sembrare una salvezza. Un modo per ritagliarsi un angolo proibito e allentare la morsa del dolore.

Si arriva così a credere che il mondo virtuale sia vero, e che quello vero sia terribilmente virtuale. Un gioco invertito, in cui facilmente ci si perde.
È così che nasce il bisogno di fidarsi di qualcuno che non sia per forza un parente, un compagno di vita o un collega di lavoro. Ci accontentiamo anche di un ologramma estraneo alle proprie conoscenze, purché sia capace di infonderci benessere. Un contatto raggiungibile in pochi secondi, senza sforzi, su cui non investire sentimentalmente, né stilare promesse per poi rischiare di deludere. Una voce o una fotografia che comunica con noi e non ci giudica mai.

Ad ogni modo, bisogna ammettere che la tecnologia è un’area vasta e piena di risorse. Una fonte inesauribile di strumenti smart e dinamici, in grado di semplificare anche le più noiose delle abitudini. Sta a noi estrapolare il bene da ogni sua funzionalità e capire quando è giunta l’ora di ritornare all’origine.

Di tanto in tanto, sarebbe bello riesumare i metodi cartacei e fargli spiccare il volo. Impacchettare brividi dentro a una busta e inoltrarla a chi desideriamo.
Provare un sussulto quando la penna scorre e vederla sbavare d’inchiostro nel suo tratto indeciso.

Aspettare. Saper aspettare restando appesi all’apnea.
Conoscersi, incontrarsi per davvero, in un giorno qualunque, ad un’ora qualunque.
Instaurare un legame degno di fiducia, fatto di mani, sorrisi, abbracci e finalmente vedere le anime unirsi ancor prima di inseguirle.